Letture in corso: Vittoria

Titolo: Victoria

Autore: Daisy Goodwin

Titolo originale: Victoria

Traduzione dall’inglese: Alessandra di Luzio

Casa editrice: Sonzogno

 

Prologo

Kensington Palace, Settembre 1835

La luce fioca dell’alba illuminò una crepa nell’angolo del soffitto. Il giorno prima quell’incrinatura sembrava avere la forma di un paio di occhiali, ma durante la notte un ragno aveva ricamato la sua tela nelle fessure, riempiendone i vuoti, e adesso aveva preso le sembianze d’una corona. Non la corona che portava suo zio, pesante e scomoda, ma il genere di coroncina che solo una regina potrebbe indossare: delicata come un merletto, ma al tempo stesso solida. Dopo tutto la sua testa, come la mamma e Sir John non si stancavano mai di rimarcare, era estremamente piccola: quando sarebbe arrivato il momento, e ormai era solo questione di tempo, avrebbe avuto una corona che le calzasse a pennello.

Sua madre, nel letto accanto al suo, russava. «Nein, nein!» gridava nel sonno, combattendo contro demoni immaginari. Quando sarebbe stata proclamata regina, avrebbe insistito per avere una camera tutta per sé. La mamma avrebbe piagnucolato, ovviamente, e avrebbe detto che voleva solo proteggere la sua preziosa Drina, ma lei sarebbe stata inamovibile: Già s’immaginava mentre pronunciava le seguenti parole: «In qualità di monarca, dispongo della protezione dell’intera Cavalleria Reale, mamma cara. Sarò senz’altro al sicuro nella mia camera.»

Un giorno sarebbe stata regina. Ora ne aveva la certezza. Suo zio il re era anziano e non godeva di buona salute, ed era troppo tardi perché sua moglie, la regina Adelaide, mettesse al mondo un erede. Vittoria – come lei stessa preferiva essere chiamata, benché sua madre e tutti gli altri la chiamassero Alexandrina, o peggio ancora Drina, un diminutivo che trovava più umiliante che vezzoso – non sapeva però quando sarebbe arrivato quel momento.

 

LETTURE IN CORSO: L’ISOLA DEL TESORO

Titolo: L’isola del tesoro

Autore: Robert Louis Stevenson

Titolo originale: Treasure Island

Traduzione dall’inglese, riveduta e aggiornata: Angiolo Silvio Novaro

Casa editrice: Newton Compton editori

 

Capitolo primo. Il vecchio lupo di mare all’ «Ammiraglio Benbow».

Pregato dal cavalier Trelawney, dal dottor Livesey e dal resto della brigata, di scrivere la storia della nostra avventura all’isola del tesoro, con tutti i suoi particolari, nessuno eccettuato, salvo la posizione dell’isola; e ciò perché una parte del tesoro ancora vi è nascosta, – io prendo la penna nell’anno di grazia 17.. e mi rifò dal tempo quando il mio babbo teneva la locanda dell’«Ammiraglio Benbow» e il vecchio uomo di mare dal viso abbronzato e sfregiato da un colpo di sciabola prese alloggio presso di noi. Lo ricordo come se fosse ieri, quando entrò con quel suo passo pesante, seguito dalla carriola che portava il baule. Alto, poderoso, bruno, con un codino incatramato che gli ricadeva sul colletto della sua bisunta giacca blu: le mani ruvide e ragnate di cicatrici, dalle unghie rotte e orlate di nero; e attraverso la guancia, il taglio del colpo di sciabola d’un bianco livido e sporco. Roteò in giro un’occhiata fischiettando tra sé, e poi, con la sua vecchia stridula e tremula voce ritmata e arrochita dalle manovre dell’argano, intonò quell’antica canzone di mare che doveva più tardi così spesso percuotere i nostri orecchi:

Quindici sopra il baule del morto,

Quindici uomini yò-hò-hò,

E una bottiglia di rum per conforto!

Poi con un pezzo di bastone simile a una manovella batté contro la porta e come il mio babbo apparve, ordinò bruscamente un bicchiere di rum. Appena gli fu portato, lo bevve lentamente assaporandolo all’uso dei conoscitori, e intanto seguitava a guardare intorno a sé esaminando le colline e la nostra insegna.

«Questo è un luogo adatto», disse alfine, «e ottimamente situato. Molta gente, amico mio?»

Mio padre rispose che no; poca assai: una desolazione.

«Bene. È l’ancoraggio che fa per me. Ehi, tu», gridò all’uomo della carriola, «vieni, e aiuta a portar su il mio baule. Resterò qui un pezzetto», continuò. «Sono un uomo alla buona, io: rum, prosciutto, uova; altro non mi bisogna, e quella punta lassù per osservar le navi che passano. Il mio nome? Capitano, potete chiamarmi. Ah, capisco ciò che vi preoccupa… Prendete!» E gettò sul banco tre o quattro monete d’oro. «Mi Avvertirete quando sarà finito», aggiunse, con uno sguardo fiero, da comandante.

 

Letture in corso: L’altra parte del mondo.

Titolo: L’altra parte del mondo

Autore: Colleen McCullough

Titolo originale: Morgan’s Run 

Traduzione dall’inglese: Giovanna Scocchera e Fabio Melatti 

Casa editrice: BUR Biblioteca Universale Rizzoli

 

«Siamo in guerra!» gridò Mr. James Thitlethwaite.

Tutti, tranne Richard Morgan, sollevarono il capo e si voltarono in direzione della porta, ingombra di una figura corpulenta che agitava in aria un foglio di carta. Per un attimo il silenzio fu tale che si sarebbe sentito cadere in terra uno spillo. Poi da ogni tavolo della taverna, fatta eccezione per quello a cui sedeva Richard Morgan, si levarono esclamazioni confuse. Richard non aveva prestato troppa attenzione all’annuncio che aveva destato così tanto scalpore: che importanza poteva avere la guerra con le tredici colonie d’America in confronto alla sorte del bimbo che teneva sulle ginocchia? Quattro giorni prima suo cugino James, il farmacista, aveva somministrato al piccolo il vaccino contro il vaiolo e ora Richard Morgan attendeva con ansia crescente che la sostanza iniettata facesse il suo effetto.

«Forza, Jem, leggete» lo sollecitò da dietro il bancone l’oste Dick Morgan, padre di Richard.

Nonostante fosse già mezzogiorno e la luce del sole filtrasse attraverso il vetro delle finestre piombate del Cooper’s Arms, l’ampia sala era in penombra. James Thitlethwaite si avvicinò al bancone per farsi luce con una lampada a olio: dalle tasche del pastrano gli sporgeva l’impugnatura di due pistole da sella. Con gli occhiali a cavallo sulla punta del naso cominciò a leggere ad alta voce e a declamare il contenuto del foglio con intonazioni teatrali.